Si può detrarre l’Iva per le opere su beni di terzi anche in presenza di irregolarità del titolo di possesso del bene immobile, a patto che non si tratti di un’operazione macroscopicamente antieconomica. Questo l’orientamento interpretativo fornito di recente dalla Suprema Corte, a tacitazione di una serie di contenziosi tributari promossi all’esito della notifica di avvisi di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
L’agenzia delle Entrate, infatti, nell’espletamento della propria attività di controllo, si è trovata negli anni a spiccare una pletora di avvisi di accertamento finalizzati al recupero dell’IVA in presenza di lavori di ristrutturazione e ammodernamento, effettuati su immobili di proprietà di terzi in assenza di un valido titolo autorizzativo per l’esecuzione delle opere su proprietà altrui, stante la mancanza di un titolo valido e regolare di possesso del bene immobile medesimo ( come nel caso di comodati gratuiti non registrati, così come contratti di locazioni registrati tardivamente), con conseguente disconoscimento dei relativi costi sostenuti, in quanto non inerenti, e della possibilità di detrarre l’imposta sul valore aggiunto versata.
Secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, è rimesso al giudice di merito l’apprezzamento della valenza del titolo con cui il contribuente si trova ad occupare l’immobile oggetto delle attività di ristrutturazione/ammodernamento, non esistendo alcuna elencazione tassativa rilevante a tal fine.
Con riguardo all’IVA, la Cassazione ha ritenuto che “va riconosciuto il diritto alla detrazione per i lavori di ristrutturazione o manutenzione su immobili di terzi, a condizione che sussista un nesso di strumentalità con l’attività di impresa o professionale, anche se solo potenziale o di prospettiva, e anche se tale attività non si sia concretamente esercitata per cause estranee al contribuente”.
L’inerenza, d’altro canto, sempre secondo la Suprema Corte “deve essere valutata secondo un giudizio qualitativo e non quantitativo, correlato all’impresa da svolgere”.
Per il recupero dell’Iva detratta, quindi, l’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare la macroscopica antieconomicità dell’operazione.
Redazione