di Alessandro Malerba
La c.d. flat tax mira a eliminare le attuali quattro aliquote Irpef e i relativi scaglioni di reddito, introducendo un’aliquota unica per tutti i contribuenti, ma la proposta dei tre partiti dello schieramento di centro-destra sono differenti in modalità e tempi.
Lega
È la proposta definita come “più estrema”, introducendo una aliquota unica pari al 15% per tutti, persone fisiche e società, a cui arrivare secondo un percorso graduale in tre step ovvero:
- Una prima estensione del regime forfettario per i lavori autonomi fino a un volume di affari di 100.000 euro;
- In secondo luogo, l’applicazione della tassa piatta sui redditi di imprese e famiglie (lavoro dipendente, tenendo conto del quoziente familiare) fino a 70.000 euro;
- Infine, (nei cinque anni) l’estensione a tutti i redditi da lavoro e d’impresa senza alcun tetto.
Al fine di tutelare il c.d. principio di proporzionalità dell’imposta ex art. 53 della Costituzione, in questa proposta è prevista anche l’introduzione di due scaglioni: da 0 a 35 mila euro e da 35 mila a 50 mila euro per i quali si introduce una deduzione fissa pari a 3.000 euro: la deduzione si applica sia alle famiglie che ai single per i contribuenti nel primo scaglione mentre per i redditi pari o superiori a 35.000 euro spetta soltanto per i familiari a carico.
Nel sistema a tassa piatta proposto dalla Lega la progressività dell’imposta sui redditi interessati viene attuata con il sistema delle deduzioni, anziché con le aliquote, mentre resterebbe invariato il sistema di esenzione totale per i redditi più bassi: si parla attualmente di una “no tax area” per i redditi fino a 7.000 euro.
Forza Italia
Secondo il partito di Silvio Berlusconi, invece, la flat tax dovrebbe porsi al 20%, con un’esenzione fiscale per i redditi fino a 12.000 euro e, anche in questo caso, con sistemi di detrazioni e deduzioni per famiglie e redditi bassi.
Fratelli d’Italia
L’enfasi data alla flat tax dal partito di Giorgia Meloni è molto minore rispetto ai compagni di coalizione, risultando dunque una proposta minore del programma elettorale. L’approccio viene ben inquadrato dal prof. Maurizio Leo (responsabile del dipartimento economia e finanza) che in un articolo pubblicato su La Repubblica scrive in maniera ancora più semplice: “su tutto ciò che si dichiara in eccedenza (redditi di lavoro e di impresa) rispetto al pregresso, si pagheranno meno tasse e, in particolare, solo il 15%. La tassazione al 15% riguarda il solo anno in cui l’incremento di reddito si realizza, mentre non sarebbe sensato un trascinamento del beneficio anche negli anni successivi, se non in relazione a eventuali ulteriori incrementi“. Secondo il prof. Leo, dunque, si tratterebbe di una sorta di “premio di produttività nazionale”, o anche di “uno stimolo, temporaneo ancorché decisivo, ad alzarsi dal divano, a darsi da fare, a migliorare per sé stessi, per la propria famiglia e per il Paese“.
Le proposte di Lega, FI e FdI, come visto, sono tra loro differenti, ma si basano su un concetto comune: abbassando la pressione fiscale sul reddito (di impresa, lavoro autonomo e dipendente) a parità di condizioni, si otterrà minore evasione fiscale, maggior impulso all’economia e un gettito erariale non eccessivamente penalizzato, ma per realizzare tale piano, a oggi, si stima un fabbisogno di circa 13 miliardi di euro, in parte ricavabili da una più efficiente gestione della tax expenditure (68md nel 2021).
Flat tax: vantaggi e critiche
Capire cos’è la flat tax è molto più facile di analizzare quali potrebbero essere vantaggi e svantaggi dell’introduzione della tassazione ad aliquota fissa del 15% o 20%.
Secondo i fautori della proposta, pur considerando le differenze tra le formule di flat tax descritte, i vantaggi principali sarebbero tre:
- ridurre la pressione fiscale sia per le famiglie che per le imprese;
- contrastare l’evasione fiscale;
- semplificare il sistema con la razionalizzazione delle attuali detrazioni.
La maggiore critica mossa dagli schieramenti di centro-sinistra (Partito Democratico in primis) è che la flat tax in Italia porterebbe per lo più svantaggi: i contro dell’introduzione di una tassa piatta sarebbero le minori entrate per lo Stato, ma anche il rischio di avvantaggiare i più ricchi e, quindi, di introdurre una legge ad alto rischio di incostituzionalità.
La flat tax in Italia: una misura già attuata
Ciò che spesso non si sottolinea è che la flat tax esiste già nel nostro ordinamento: più correttamente indicata come “regime forfettario esteso”, è stata introdotta per la prima volta con la Legge di Bilancio 2015 (Legge numero 190/2014).
L’attuale flat tax è operativa solo per i contribuenti titolari di partita IVA in regime forfettario, ovvero nell’ambito di un regime agevolato privo di IRPEF, addizionali, IVA, Irap e non soggetto a studi di settore o ISA. Con la Legge di Bilancio 2019 è stato innalzato per tutti i contribuenti operanti nel regime (agevolato) forfettario il fatturato limite fino al quale è possibile operare, ed è pari a 65.000,00 euro a prescindere dal tipo di attività svolta.
Sul fatturato viene applicato un coefficiente di redditività poi moltiplicato per i ricavi/compensi incassati al fine di ottenere il reddito fiscale. Su questo reddito si applica quindi l’attuale flat tax, che può essere:
- del 5% per le nuove attività;
- del 15% per le attività già operative.
La flat tax non è protagonista solo della campagna elettorale, ma è stata una delle proposte al centro della discussione sulla riforma fiscale, con alcune novità per quel che riguarda le partite IVA.
La legge delega approvata dalla Camera, rimasta in standby in Senato a causa della crisi di Governo, prevede infatti l’introduzione di un nuovo regime fiscale agevolato per le partite IVA.
Alla flat tax per i forfettari fino a 65.000 euro viene affiancato un nuovo regime sostitutivo per chi supera i limiti, volto ad accompagnare gradualmente l’impresa o il professionista verso l’IRPEF ordinaria. Stando ai contenuti della legge delega, la flat tax “extra” verrebbe applicata per i due periodi di imposta successivi al passaggio dal regime forfetario al regime ordinario IRPEF. Una previsione che richiama alla mente il progetto della flat tax incrementale fino a 100.000 euro, previsto dalla Legge di Bilancio 2019 (fortemente voluta dalla Lega), ma abolito prima ancora di entrare in vigore nel 2020. Nell’ambito della riforma fiscale si è quindi parlato ancora di flat tax, e nello specifico di uno scivolo per i fuoriusciti dal forfettario.
Flat tax: nulla di veramente nuovo
È corretto dire, dunque, che la proposta della nuova flat tax non stravolgerebbe il sistema impositivo attuale, considerando che si ricorre già ampiamente all’aliquota unica (a titolo esemplificativo, sulle rendite finanziarie alle quali viene applicata una aliquota fissa al 26%, sugli affitti guadagnati dalle persone fisiche ma anche sul reddito d’impresa, l’Ires, pari al 24% o sui premi di risultato sul lavoro al 20%).
Dunque, oggi, più che l’aliquota di per sé, la differenza in termini di imposizione reale la fanno le detrazioni e le agevolazioni a cui sono soggetti i contribuenti in relazione alla loro condizione familiare o di reddito (Isee). L’introduzione di un sistema di aliquote più contenute volte a tassare i redditi di lavoro (dipendente e autonomo) in maniera piatta, quantomeno entro certi limiti e tenendo conto dei coefficienti familiari, non causerebbe particolari stravolgimenti nel gettito complessivo, magari eliminando alcune detrazioni non razionali oltre certe fasce reddituali e favorendo l’equità fiscale in ottica di nucleo familiare.
Richiamando un recente articolo a firma di Marco Miccinesi, pubblicato su IlSole24Ore, oggi, infatti, a parità di reddito complessivo di lavoro dipendente entro certi limiti di ammontare (es. 50.000 euro con un figlio a carico), una famiglia monoreddito paga circa il doppio di un famiglia bireddito; con l’applicazione della flat tax “ la tassazione della famiglia monoreddito si avvicinerebbe moltissimo a quella della famiglia bireddito facendo finalmente venire meno l’attuale discriminazione tra le famiglie monoreddito e quelle bireddito; discriminazione che appare del tutto ingiustificata alla luce dell’unitarietà del nucleo familiare i cui redditi sono impiegati in base alle scelte effettuate insieme dai coniugi e per il soddisfacimento degli stessi identici bisogni, sia nelle famiglie monoreddito che bireddito.”.
Le sfide del Governo post elezioni del 25 settembre
Quel che è certo è che ora la palla passerà al nuovo Governo che si formerà a seguito delle elezioni politiche del 25 settembre 2022, al quale spetterà il compito di far ripartire la discussione sulla riforma del sistema tributario. Di vantaggi e svantaggi della flat tax, e della sua possibile estensione non solo alle imprese ma soprattutto alle famiglie, si parlerà quindi anche nei prossimi mesi.
Alessandro Malerba