Come prepararsi alla CSRD e al nuovo obbligo di rendicontazione
di Alessandro Malerba
La predisposizione di un report di sostenibilità presuppone che l’Organizzazione, un’impresa ma anche un ente non commerciale (pubblico o privato), abbia già intrapreso un percorso di adozione di un sistema o modello di business sostenibile – anche se spesso questo avviene inconsapevolmente.
Il processo che porta a poter rendicontare gli obiettivi e i traguardi intermedi già raggiunti dall’Organizzazione è frutto di attività e metodologie, a tratti complesse, da applicare in modo simile a ciò a cui da anni siamo abituati a fare con i report finanziari. L’applicazione di tali metodologie e attività richiede, però, di dare attenzione fin da subito ad alcuni passaggi inderogabili:
- l’identificazione degli obiettivi per cui l’azienda può definirsi sostenibile in relazione alla propria industry e agli SDGs (i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite);
- la definizione del proprio modello di business in ottica sostenibile, funzionale a perseguire gli SDGs;
- l’implementazione delle connesse strategie operative che devono permeare la governance dell’Organizzazione;
- le linee di azione, le attività e i traguardi intermedi necessari a raggiungere nel medio termine un vero e proprio cambiamento culturale interno all’azienda.
Oggi parlare di tali metodologie e attività è particolarmente importante vista l’attenzione riservata a tali tematiche: non solo una domanda sempre più pressante da parte del mercato (istituti finanziari, grandi corporations e stakeholders) ma anche l’adozione di normative specifiche. A livello europeo, ad esempio, lo scorso 28 novembre 2022 è stata adottata la direttiva CSRD del Consiglio UE relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità. Stando alle dichiarazioni del Ministro dell’industria e del commercio UE Jozef Síkela “le nuove norme renderanno un maggior numero di imprese responsabili del loro impatto sulla società e le guideranno verso un’economia a vantaggio delle persone e dell’ambiente”. Cosa significa questo per le Organizzazioni? In termini pratici, esse dovranno comunicare informazioni in merito alle modalità con cui il proprio modello aziendale impatta a livello di sostenibilità, considerando anche fattori esterni quali, ad esempio, i cambiamenti climatici o le questioni relative ai diritti umani che ne influenzino le attività.
Imprenditori e amministratori, cioè, non possono più ignorare la sostenibilità e sottovalutare l’importanza di una tempestiva mappatura di rischi e opportunità connessi ai temi ESG, poiché tale miopia avrà effetti negativi sul posizionamento dell’Organizzazione all’interno del mercato di riferimento (per esempio, rapporti con i clienti, fornitori e rapporto con il mercato del credito) e sulla propria business continuity.
CSRD – organizzazioni coinvolte e tempistiche di attuazione
Il Gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (EFRAG “European Financial Reporting Advisory Group” – ente preposto alla consulenza tecnica alla Commissione Europea nella stesura degli ESRS “European Sustainability Reporting Standards”) è incaricato di elaborare norme europee (regolamento- standard ESRS), previo parere tecnico di diverse agenzie europee.
Le nuove norme in materia di comunicazione sulla sostenibilità si applicheranno alle grandi imprese di interesse pubblico con più di 500 dipendenti, a tutte le grandi imprese con più di 250 dipendenti e con un fatturato di 40 milioni di euro (la soglia per definire “grande” un’impresa è quella fissata dalla Direttiva contabile n. 34/2013) e a tutte le società quotate in mercati regolamentati, a eccezione delle microimprese. Queste imprese sono anche responsabili della valutazione delle informazioni applicabile alle imprese figlie.
Ma quale sarà il percorso (indicato nella Direttiva) per l’applicazione di queste regole?
- 2025: comunicazione sull’esercizio finanziario 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (DNF-2016);
- 2026: comunicazione sull’esercizio finanziario 2025 per le imprese attualmente non soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario;
- 2027: comunicazione sull’esercizio finanziario 2026 per le PMI quotate, gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione captive;
- 2029: comunicazione sull’esercizio finanziario 2028 per le imprese di paesi terzi.
Come si vede, quello della Direttiva sarà un percorso complesso che si stenderà nel medio-lungo periodo ampliando progressivamente il novero di Organizzazioni impattate da tali novità. Per questo, al di là della roadmap di applicazione, è fondamentale che le imprese avviino subito un percorso di sostenibilità, per non rischiare di arrivare impreparate all’obbligo normativo. Il reporting di sostenibilità va attuato già oggi, anche se per il momento solo su base volontaria, per dare un segnale di apertura al mercato, di affidabilità e soprattutto capacità di guardare al futuro (che presuppone la voglia di una crescita continua).
Gli standard di rendicontazione
Oggi, ufficialmente, lo standard normativo europeo ESRS non è ancora adottabile (ma sarà adottabile in tempo utile all’entrata in vigore degli effetti della direttiva CSRD, ovvero il 01 gennaio 2024).
Attualmente, tra gli standard internazionalmente riconosciuti e maggiormente diffusi per la redazione del bilancio di sostenibilità (o reporting di sostenibilità), vi sono i GRI (Global Reporting Iniziative standards), recentemente rivisitati e ampliati nel 2021 e che si adotteranno obbligatoriamente dal 01 gennaio 2023. Pertanto, una PMI che su base volontaria voglia rendicontare la propria sostenibilità, già per l’esercizio 2022, potrà adottare lo standard GRI.
Vi è da considerare che l’attuale draft EFRAG degli ESRS, rispetto ai GRI 2021, di fatto amplia i requisiti di rendicontazione e introduce concetti più stringenti e complessi (quali, ad esempio, la doppia materialità) con l’obiettivo di creare un’informativa di sostenibilità standardizzata e comparabile, elevandone la qualità. In tal modo, verranno creati set informativi con una struttura più rigida e con requisiti minimi obbligatori
È evidente che ne conseguirà uno sforzo significativo per le società interessate che dovranno in futuro dotarsi di processi e di un sistema di reporting adeguato a giungere alla pubblicazione di un documento integrato nei tempi dovuti al fine di ottenere la certificazione richiesta dalla Direttiva.
Non ci addentriamo, in questa sede, nella discussione attualmente in corso tra chi si occupa di rendicontazione ESG, (Standard setters, consulenti, grandi imprese, altri stakeholders): il tema principale di tale discussione è il pericolo – per alcuni esistente, per altri no – di imbrigliare la rendicontazione di sostenibilità in schemi e confini troppo rigidi, seppur a favore della comparabilità, sia nel tempo sia tra le varie industries. Questo, secondo alcuni, porrebbe dei limiti alla varietà e all’ampiezza dell’informazione (che la materia di per sé impone)
È sufficiente leggere alcuni bilanci di sostenibilità 2021 per comprendere come l’approccio fino ad ora avuto dalle Organizzazioni, seppur in adozione degli stessi standard (GRI per lo più in modalità core), sia di produrre documenti con una forte identità, ampie descrizioni e approfondimenti volti a far emergere la propria mission, spesso non facilmente paragonabili ad altri bilanci.
Un percorso di sostenibilità per le PMI
Per delineare un percorso idoneo alle PMI, possiamo trarre spunto dalla metodologia adottata dal nostro Partner, EFTILIA Srl STP Benefit, una tra le principali advisory company, su base nazionale, in tema di sostenibilità.
La declinazione del c.d. Metodo EFTILIA per le PMI pone sul massimo organo di governo dell’Organizzazione l’attività di intraprendere un percorso volto alla rendicontazione di sostenibilità. Si tratta di un Metodo, di una roadmap, che prevede alcuni step.
- Comprendere il grado di attenzione e consapevolezza della PMI, attraverso:
- analisi del modello attuale di business con un confronto tra Imprenditore/Management e i consulenti, per giungere a un business model orientato verso la sostenibilità ESG;
- analisi dei processi aziendalie raccolta dei dati esistenti in merito all’analisi dei rischi (preliminary assessment);
- Individuazione esame e analisi delle esigenze degli stakeholders, presenti e futuri, (stakeholders engagement) quali ad esempio lavoratori e collaboratori, clienti e fornitori e impatto sul territorio.
- Definizione della politica della sostenibilità e dell’adeguamento del business model in chiave ESG
- adozione dei principi etici per garantire la business continuity;
- pianificazione della formazione e comunicazione per la diffusione della cultura della sostenibilità ESG, attraverso la formazione della Governance ma anche di lavoratori e collaboratori e una comunicazione efficace ai clienti, fornitori, territorio e marketing responsabile;
- valutazione degli impatti ambientali sull’ecosistema della PMI;
- mappatura dei rischi (risk assessment) in ambito ESG;
- definizione dei temi materiali;
- misurazione degli impatti con riferimento ai temi individuati (material assessment);
- definizione di un Piano di azione ESG, che determina, per step operativi funzionali, i percorsi finalizzati al perseguimento degli obiettivi ESG insiti nel business model adottato;
- Rendicontare la sostenibilità
- informare gli stakeholders, in conformità allo standard prescelto, circa la propria mission in chiave ESG ed i risultati conseguiti;
- esporre gli obiettivi e le attività intraprese e da intraprendere per il raggiungimento dei successivi goals.
Quanto accennato in questo articolo è una prima analisi di un tema che merita di essere molto approfondito, studiando tecnicamente le novità normative che più impatteranno sul futuro delle nostre imprese.
Sul blog del nostro partner EFTILIA pubblicheremo molti contributi a tal proposito, approfondendo il Metodo e la roadmap applicabile: dalla definizione dei temi materiali ESG da riportare al perimetro di rendicontazione fino alla stesura vera e propria del report.
Vale però la pena anticipare fin da ora una questione: non è necessario essere un’impresa di grandi dimensioni per intraprendere un percorso volto a far emergere la sostenibilità e il proprio modello di business in chiave ESG. Per farlo bisogna essere grandi imprenditori, cioè persone in grado di cogliere e anticipare ciò che inevitabilmente toccherà tutti.
Iniziare oggi un percorso di sostenibilità permetterà di arrivare all’attuazione dell’obbligo normativo preparati e con un vantaggio competitivo rispetto agli altri attori meno sensibili sul mercato; così facendo, si potranno attuare prima e con più efficacia quelle politiche che nel tempo potranno garantire la continuità e la crescita del proprio business.
Alessandro Malerba