Fiscalità nazionale

A inizio 2023 la legge di bilancio ha reintrodotto i limiti di deducibilità per i costi derivanti da operazioni con imprese situate in Paesi non cooperativi a fini fiscali, i cosiddetti Paesi black list. Vediamo quali sono i dettagli di questa normativa e i criteri di deducibilità.

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Dal 01/01/2023 reintrodotti i limiti di deducibilità dei costi black list

di Emilio Veneziano

L’articolo 1, commi 84-86 della Legge di bilancio 2023 (L. 197/2022) ha reinserito la disciplina in materia di indeducibilità dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali.

Nello specifico, come già previsto in passato, la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti, ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali, è consentita nei limiti del loro valore normale, a condizione che tali operazioni abbiano avuto concreta esecuzione. 

In particolare, per espressa disposizione normativa (articolo 110, comma 9-bis e seguenti, Tuir), le spese e gli altri componenti negativi sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 Tuir.

A riguardo, si individuano come Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali le giurisdizioni individuate nell’allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea.

Le disposizioni previste in materia di costi black list si applicano anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi o territori non collaborativi.

La normativa in rassegna prevede deroga quando le imprese residenti in Italia forniscono la prova che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.

In passato l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione AdE 46/E/2004, aveva illustrato i dati e documenti ritenuti idonei a dimostrare l’esercizio dell’attività commerciale, ovvero l’impresa italiana che effettuava scambi commerciali poteva acquisire, da parte del soggetto estero, i seguenti documenti:

  • il bilancio;
  • l’atto costitutivo;
  • un prospetto descrittivo dell’attività esercitata;
  • i contratti di locazione degli immobili utilizzati come sede degli uffici e dell’attività;
  • la copia delle fatture delle utenze elettriche e telefoniche;
  • i contratti di lavoro dei dipendenti, con indicate anche le mansioni svolte;
  • i conti correnti bancari della società estera;
  • copia dei contratti di assicurazione relativi ai dipendenti ed agli uffici;
  • le autorizzazioni sanitarie ed amministrative relative all’attività esercitata e all’utilizzo
  • dei locali.

Invece, per dimostrare l’effettivo interesse economico dell’operazione, era necessario dimostrare i vantaggi conseguiti nella transazione, vale a dire che il contribuente poteva dimostrare:

  • i prezzi praticati dal fornitore particolarmente competitivi;
  • l’alta qualità delle merci acquistate;
  • l’esclusiva di determinati beni da parte di un fornitore;
  • le vantaggiose dilazioni di pagamento concesse dal fornitore;
  • la puntualità della consegna della merce da parte del vettore incaricato.

In definitiva, le imprese ad ampio respiro internazionale, dal 2023, dovranno nuovamente porre particolare attenzione alle transazioni economiche effettuate con l’estero e, in particolare con determinati Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali, facendo riferimento alla lista UE delle giurisdizioni non collaborative ai fini fiscali che, al momento, è composta dai seguenti 16 Stati:

  • Samoa Americane;
  • Anguilla;
  • Bahamas;
  • Fiji;
  • Guam;
  • Palau;
  • Panama;
  • Samoa;
  • Trinidad e Tobago;
  • Isole Turks e Caicos;
  • Isole Vergini americane;
  • Vanuatu;
  • Isole Vergini Britanniche;
  • Costa Rica;
  • Isole Marshall;
  • Russia.
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