L’articolo 30 disciplina i nuovi termini per la rivalutazione dei beni in oggetto, anche se la misura agevolativa non è certo una novità: l’istituto della rivalutazione è nato con la legge 448/2001 ed è stato più volte riproposto dal legislatore negli ultimi vent’anni (nel 2021 i termini sono stati addirittura riaperti due volte). Per questo motivo, a fronte di un’aspettativa pubblica sull’ennesimo rinnovo, la sua mancanza nella Legge di Bilancio 2022, date le continue riaperture, aveva interdetto tanto i possibili beneficiari, quanto i professionisti.
Non mancano, però, alcune novità che il rinnovo porta con sé, per esempio l’aumento di tre punti percentuali dell’aliquota (che passa dall’11% al 14%) nonché una limitazione delle partecipazioni oggetto della manovra, le quali potranno godere della rideterminazione solo se possedute dal 01/01/2022. In breve, non può beneficiare dell’istituto in parola chi non dimostra il requisito del possesso delle partecipazioni non quotate al 31/12/2021 e coloro che sono entrati in possesso delle partecipazioni mediante mezzi diversi dalla compravendita, ad esempio attraverso successione o donazione.
Soggetti e beni
Ulteriore novità che il Decreto Milleproroghe 2022 porta con sé è l’ampliamento del novero dei soggetti beneficiari. Entrano infatti nell’elenco:
- gli enti non commerciali, qualora il reddito derivante dall’operazione non scaturisca dall’esercizio di attività d’impresa;
- le società semplici e i soggetti a esse equiparati ai sensi dell’art 5 del DPR del 1986, n. 917;
- gli enti non residenti, e altresì non riferibili a stabili organizzazioni (tenendo debitamente conto delle convenzioni in materia di doppia imposizione);
- le persone fisiche per le operazioni inerenti all’ordinario esercizio dell’attività d’impresa.
Restano invece esclusi dalla manovra agevolativa i titolari di reddito d’impresa.
Per quanto riguarda, invece, i beni oggetto di rivalutazione, essi si distinguono in partecipazioni qualificate, non qualificate e terreni (siano essi agricoli o edificabili). A queste tre categorie di beni si aggiungono le partecipazioni intestate a società fiduciarie, purché il soggetto fiduciante rientri già fra i beneficiari sopra esposti.
In materia di beni, risulta interessante un approfondimento sulle partecipazioni rivalutabili (necessariamente non quotate), le quali possono essere identificabili da:
- partecipazioni costituite da titoli azionari;
- partecipazioni al patrimonio di società non rappresentate da titoli azionati, come quote di società a responsabilità limitata o partecipazioni in società di persone;
- titoli o diritti mediante i quali è possibile ottenere le suddette partecipazioni, tra cui i diritti di opzione e le obbligazioni convertibili.
Fasi della rivalutazione
La procedura si compone di due fasi, necessariamente consecutive e distinte.
Il primo passo è la redazione di una perizia giurata di stima del valore della partecipazione o del terreno; la perizia deve essere prodotta da professionista accreditato (ad esempio un ingegnere per i terreni o un dottore commercialista e/o revisore legale per le partecipazioni).
Successivamente, il soggetto beneficiario deve versare l’imposta sostitutiva, pari al 14% del valore risultante dalla perizia asseverata precedentemente ottenuta. La percentuale è unica sia per la rideterminazione dei terreni, che per la rivalutazione delle partecipazioni.
Per il versamento, il cui nuovo termine ultimo è il 15/11/2022, è possibile optare sia per il versamento in unica soluzione, sia per il pagamento rateale in tre fasi (avendo cura di versare la prima rata entro il 15/11/2022, mentre le due rate successive scadranno nella stessa data negli anni 2023 e 2024); il codice da usare è sempre il codice tributo 8055.
In caso di omesso o insufficiente versamento, ad ogni modo, si può usufruire, ai sensi dell’art 13 del Dlgs del 1993, n. 472, del ravvedimento operoso, a condizione che l’irregolarità non sia già stata accertata.
Per quanto riguarda la convenienza dell’istituto, infine, questa deve essere analizzata e ponderata a seconda dei casi che vengono in considerazione. In generale, è buona norma confrontare il totale dovuto in caso di tassazione ordinaria sulla plusvalenza e l’ammontare totale dell’imposta sostitutiva frutto della rideterminazione.
Redazione